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Il passaporto rosso
Il passaporto rosso, così chiamato dal colore della sua copertina, può essere considerato l'icona dell'emigrazione italiana: chi lo esibiva era subito riconosciuto come emigrante.

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Il "Passaporto rosso" dell'emigrante

Il passaporto rosso

Il "Passaporto rosso" fu introdotto dal Testo Unico del 1919 per essere utilizzato, ad uso esclusivo dell'emigrante, per espatriare dal Regno. Rimase in uso fino al 1928 quando fu abolito con il decreto legge 21 giugno 1028 n. 1710. Era un piccolo libretto caratterizzato da una copertina di cartoncino rosso dove erano riportate delle avvertenze redatte dal Commissariato per l'emigrazione. Le "Avvertenze agli emigranti" mettevano in guardia gli emigranti da eventuali truffe perpetrate ai loro danni e facevano conoscere, al proprietario del documento, i diritti basilari che la legge sull'emigrazione gli garantiva.
All'interno, oltre agli spazi riservati all'indicazione delle generalità e alla fotografia, era prevista anche la possibilità di indicare la professione dell'emigrante e la sua capacità di saper leggere e di saper scrivere. Il passaporto era, infine, completato da alcune pagine riservate alle annotazioni relative ai rinnovi, ai visti di ingresso nei paesi stranieri e alle generalità di eventuali bambini al seguito. Una particolarità specifica del passaporto rosso era quella di avere due cedole staccabili dove venivano riportati i principali dati relativi al viaggio (una per il viaggio di espatrio e una per l'eventuale viaggio di rientro). Queste cedole venivano, poi, inviate all'ufficio del Commissariato per l'emigrazione e utilizzate per compilare delle tabelle statistiche sui flussi migratori.

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