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Didascalie

In alto: foto del primo ministro Francesco Crispi
In basso: immagine dell'imperatore d'Etiopia, Menelik II

Note

1 – Fu esteso il suffragio a tutti gli uomini maggiorenni alfabetizzati o, in alternativa, a coloro cha avessero pagato almeno 5 lire di imposte.

2 – Nello scandalo furono coinvolti anche Giovanni Giolitti, il deputato Rocco de Zerbi con molti altri colleghi e, in modo marginale (almeno così si sostenne), lo stesso sovrano.

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La crisi di fine secolo e l'"avventura" di Francesco Crispi

La situazione economica

Francesco Crispi Agli inizi degli anni Ottanta l'Italia era un Paese in via di profonda trasformazione: la società si ritrovò investita da un travaglio economico e culturale che mandò in crisi molte certezze acquisite. La forza economica e contrattuale della grande proprietà terriera andava perdendo, ogni giorno di più, il proprio potere contrattuale e decisionale a causa della crisi economica che indeboliva la centralità dei produttori. L'industria meccanica e manufatturiera non aveva ancora pienamente sviluppato la propria forza di indirizzo economico e politico sulle elites del paese e anche la popolazione, come si è già avuto modo di accennare, non era rimasta immune dai cambiamenti: il moderato sviluppo del settore industriale e la relativa modernizzazione dell'economia e della finanza favorirono la nascita di nuove istanze popolari che vennero intercettate in modo mirabile dai movimenti socialisti e dalle organizzazioni cattoliche, favorite in questo dal loro capillare radicamento sul territorio.

L'uomo "nuovo"

Dopo anni di trasformismo, molti in Italia, sentirono il bisogno di avere una politica forte in grado di dare risposte all'insicurezza generale. L'occasione si presentò con la morte di Depretis avvenuta nell'agosto del 1887. Tutti identificarono nel ministro degli Interni Francesco Crispi l'uomo "nuovo" in grado di succedere allo statista di Pavia e di prendere con mano risoluta le sorti dello Stato. Le speranze non furono deluse. Il nuovo ministero si caratterizzò subito per il marcato decisionismo del presidente del Consiglio, forte in questo dell'appoggio della maggioranza assoluta dei parlamentari e di larga parte della borghesia. L'idea portante del pensiero politico dello statista siciliano era di dover, a tutti i costi e in fretta, rendere più efficente lo Stato attraverso un deciso ammodernamento del suo apparato, in quanto questo, secondo Crispi, era l'unico modo per adeguarlo ad affrontare le nuove sfide sociali di fine secolo.

In pochi mesi furono presentate dal Governo decine di disegni di legge e vennero approvate norme che avrebbero cambiato in modo sostanziale l'amministrazione dello Stato. Il 30 dicembre 1888 venne emanata la riforma delle amministrazioni locali che estendeva il diritto di voto nelle elezioni comunali (1) e rendeva elettiva la carica di sindaco nei comuni con più di 10.000 abitanti. Sempre nello stesso anno fu licenziata dal Parlamento anche la legge sulla tutela della sanità pubblica (Legge n. 5849 del 22 dicembre 1888) che prevedeva la presenza di ufficiali sanitari to il territorio nazionale e la legge sull'emigrazione (Legge n. 5866 del 30 dicembre 1888) che puntava a regolamentare l'arruolamento degli emigranti da parte degli agenti delle compagnie di navigazione e a definire gli obblighi militari di chi avesse voluto espatriare.

Agli anni successivi si devono la riforma della giustizia amministrativa (1889) e l'emanazione del nuovo codice penale (Codice Zanardelli – R.D. Del 30 giugno 1899) che aveva tra i suoi aspetti qualificanti, l'abolizione della pena di morte oltre a consentire una limitata libertà di sciopero. Il decisionismo crispino ebbe notevoli effetti anche in campo economico con l'inasprimento della guerra doganale con la Francia, iniziata sottotono dal suo predecessore, e in politica estera con una decisa riconferma del trattato della triplice alleanza e con la decisa espansione coloniale perseguita, in Eritrea, a scapito dell'impero etiopico di Giovanni II.

Lo scandalo della Banca Romana e l'avventura coloniale

Agli inizi degli anni '90, lo scandalo finanziario della Banca Romana mise fine in modo temporaneo all'ascesa politica di Francesco Crispi. Accusato, al pari di molti altri suoi colleghi deputati e senatori (2) di aver ricevuto benefici L'imperatore d'Etiopia Menelik II finanziari dagli istituti di emissione per coprire notevoli ammanchi contabili, fu costretto a lasciare incarichi governativi a favore di Antonio di Rudinì prima e di Giovanni Giolitti, poi. Superato lo scoglio dello scandalo finanziario, Francesco Crispi tornò al governo nel dicembre del 1893 con il suo terzo gabinetto. Con il suo solito piglio decisionista ed autoritario, lo statista di Ribeira affrontò la crisi economica e finanziaria del Paese riordinando il sistema bancario (con la Legge n. 449 del 10 agosto 1893 venne istituita la Banca d'Italia) e adottando drastiche misure per risanare il bilancio dello Stato. Nel campo dell'ordine pubblico Crispi non esitò a reprimere duramente le rivolte popolari che si stavano estendendo in Sicilia e in Lunigiana attraverso la proclamazione dello stato di assedio e l'approvazione di norme che limitarono la libertà di stampa e di associazione volte a colpire l'attività del partito socialista.

Crispi volle dare un impulso anche alla politica di espansione coloniale riprendendo il percorso interrotto pochi anni prima. Nel 1895 l'esercito italiano comandato dal governatore dell'Eritrea, il generale Oreste Baratieri, aveva ripreso la marcia di espansione verso occidente occupando la regione etiopica del Tigrai. La reazione di Menelik II, re dello Scioa e imperatore d'Etiopia succeduto a Giovanni, non si fece attendere. Il sovrano africano, forte di un esercito di circa duecentomila uomini si mosse alla volta delle truppe italiane. Dopo una serie di scontri emotivamente importanti ma marginali (le difese del passo di Amba Alagi e del forte di Macallè), l'esercito scioano inflisse una drammatica sconfitta alle truppe del generale Baratieri nei pressi del villaggio di Adua. Le perdite italiane ammontarono a ben seimila soldati “nazionali” ed indigeni, alla cattura di circa mille prigionieri e alla rotta completa dell'esercito coloniale. La sconfitta di Adua ebbe notevoli ripercussioni in Italia, sia in ambito politico, con le dimissioni di Crispi e del suo governo, che in quello sociale, con la presa di coscienza che il Paese non era ancora pronto per essere considerata una potenza militare ed economica sullo scacchiere europeo e rispettato in ambito coloniale.

Bibliografia

Cammarano F., “Storia dell’Italia liberale”, Editori Laterza, Roma-Bari 2011.

Del Boca A., “Gli italiani in Africa orientale”, vol. I, Mondadori, Milano 1992.

Duggan, C., “La forza del destino. Storia dell’Italia dal 1796 ad oggi”, Editori Laterza, Roma-Bari 2007.

Duggan, C., “Creare la nazione – La vita di Francesco Crispi”, Editori Laterza, Roma-Bari 2000.

Mack Smith D., “Storia d’Italia dal 1861 al 1997”, Editori Laterza, Roma-Bari 2010.

Sabatucci G., Vidotto V., “Il mondo contemporaneo dal 1848 ad oggi”, Editori Laterza, Roma-Bari 2005.

Per approfondire

Logo Regno d'Italia Lo scandalo della Banca Romana. (Consulta...)

Logo Regno d'Italia La politica coloniale dell'Italia liberale (I° parte). (Consulta...)

Logo Regno d'Italia Prima di Adua - l'Amba Alagi e Makallé. (Consulta...)

Logo Regno d'Italia La battaglia di Adua (o di Abba Garima - marzo 1896). (Consulta...)

Logo Regno d'Italia Dopo Adua - l'Italia si scopre diversa. (Consulta...)

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