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Didascalie

In alto: foto panoramica che mostra la Porta Pia con la breccia alla sua destra
In basso: curiosi che sostano nei pressi della breccia di Porta Pia

Note

1 – A margine del trattato ci fu la richiesta della Francia di spostare la capitale del Regno d’Italia da Torino come riprova della definitiva rinuncia a Roma da parte dell’Italia. I firmatari dell’accordo ritennero opportuno mantenere il riserbo sul trasferimento per evitare le prevedibili proteste della popolazione della capitale piemontese.

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L'Italia liberale

Roma o morte

La"Questione romana"

Uno snodo politico cruciale per lo stato postunitario fu quello legato alla necessità di completare il processo unitario che si era consolidato nel 1861 con la proclamazione del Regno d’Italia. La mancata annessione del Veneto e, soprattutto, delle terre dello Stato Pontificio non permetteva di tacitare le coscienze dei sinceri patrioti.
La necessità di rivendicare Roma, capitale del nuovo stato, aveva costituito uno dei cardini del Risorgimento ed era stata ribadita dallo stesso Cavour all’alba dell’Unità. La Breccia di Porta Pia Ma lo stato italiano si trovava impossibilitato ad agire per non entrare in conflitto diplomatico con la Francia di Napoleone III. Parigi era presente a Roma con un corpo di occupazione che aveva il compito di garantire protezione alla Santa Sede ed impedire le mire espansionistiche del Regno d’Italia. Dopo ripetuti tentativi di giungere ad un accordo diplomatico con Pio IX per risolvere la questione romana, toccò nuovamente a Garibaldi agire.
La segreta speranza di Vittorio Emanuele II e del suo governoera qualla di ripetere il colpo di mano che gli aveva assicurato l’annessione delle provincie meridionali con la spedizione dei Mille. Anche in questa occasione l’eroe dei due mondi avrebbe dovuto risalire la penisola con migliaia di volontari e puntare sulla città eterna. Ma il colpo di mano non ebbe fortuna.

Napoleone III fece sapere che sarebbe stato pronto a difendere Roma con le armi. Al governo italiano non rimase che sconfessare l’iniziativa garibaldina. Furono inviate truppe per fermare i volontari e, dopo un breve scontro avvenuto sull’Aspromonte, Garibaldi venne arrestato e i suoi uomini dispersi. In seguitao ai fatti calabresi l’Italia e la Francia si preccuparono di superare il contrasto e di ristabilire i buoni rapporti diplomatici. A tale scopo venne firmata, il 15 settembre 1864, una convenzione (nota come la “Convenzione di settembre”), che impegnava Torino a difendere il Sommo Pontefice e l’integrità territoriale dello Stato pontificio in cambio del ritiro delle truppe francesi (1).

Le sconfitte di Custoza e di Lissa

L’occasione per realizare un parziale completamento territoriale del Paese si presentò l’anno seguente con la firma di un’alleanza italo-prussiana in funzione anti austriaca. L’Italia avrebbe aiutato gli alleati in una guerra contro Vienna. Le operazioni militari, tuttavia, non ebbero i risultati sperati. Le incompresioni tra il generale Cialdini e il generale La Marmora, sommate alla disorganizzazione dell’esercito che non aveva ancora assorbito i cambiamenti dettati dall’unificazione, portarono ad una umiliante sconfitta a Custoza (24 giugno 1866). Non andò meglio alla Regia Marina a causa dell’immobilismo dell’ammiraglio Persano che aveva evitato di ingaggiare battaglia con la flotta nemica. Costretto all’azione dal Governo, l’ammiraglio mosse la squadra navale dell’Adriatico alla volta dell’isola di Lissa per bombardarne le fortificazioni. Intercettato dalla flotta austriaca comandata dal contrammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, Persano nello scontro che ne seguì, la flotta italiana perse due corrazzate (il “Re d’Italia” e il “Palestro”) oltre a centinaia di uomini.

Grazie alla vittoria di Sadowa, ottenuta dall’esercito prussiano sul fronte settentrionale, l’Austria aveva capitolato. Le trattative di pace stabilirono che il Veneto sarebbe stato ceduto alla Francia che, a sua volta, lo avrebbe “girato” al Regno d’Italia. L’annessione del Veneto, tuttavia, non placò il desiderio di vedere Roma italiana. L’anno successivo Garibaldi fu, di nuovo, alla testa di un nutrito gruppo di volontari pronti a marciare sulla capitale dello Stato Pontificio. Curiosi presso la Breccia di Porta Pia Intercettato presso Mentana (il 3 novembre 1867) dai volontari pontifici (francesi) della Legione d’Antibes, il corpo di spedizione garibaldino subì una disastrosa sconfitta che lo costrinse a rinunciare all’azione. L’annessione di Roma era solo rimandata perché l’occasione propizia si presentò dopo tre anni con la sconfitta di Napoleone III a Sedan ad opera dei prussiani (guerra franco-prussiana - 1° settembre 1870).
Il governo italiano si reputò libero dai precedenti impegni diplomatici presi coi francesi e decise di inviare le proprie truppe nel Lazio. Il 20 settembre 1870 i bersaglieri e la fanteria del generale Raffaele Cadorna entrarono a Roma attraverso la breccia di Porta Pia. Dopo 10 anni dall’Unità anche la citta eterna era diventata italiana.

Bibliografia

Cammarano F., “Storia dell’Italia liberale”, Editori Laterza, Roma-Bari 2011.

Duggan, C., “La forza del destino. Storia dell’Italia dal 1796 ad oggi”, Editori Laterza, Roma-Bari 2007.

Mack Smith D., “Storia d’Italia dal 1861 al 1997”, Editori Laterza, Roma-Bari 2010.

Sabatucci G., Vidotto V., “Il mondo contemporaneo dal 1848 ad oggi”, Editori Laterza, Roma-Bari 2005.

Per approfondire

Testo della "Convenzione di settembre". (Consulta...)

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