L’assalto di Tripoli
(La Tribuna 25 ottobre 1911)
Tripoli, 23, ore 14 (giunto il 24 alle ore 7).
Il nuovo scontro
Stamane, mentre vi telegrafavo lo svolgimento e i resultati della prima esplorazione aviatoria compiuta dai capitani Piazza e
Molzo sugli accampamenti dell’avanguardia nemica, ho udito improvvisamente echeggiare il rombo ormai familiare del cannone. Ho
teso l’orecchio. Le cannonate si susseguivano, fitte e continue. Provenivano dalla linea delle trincee di Bu-Meliana. Abbandono
l’ufficio telegrafico. Veggo la città piena di movimento e di fretta febbrile. Alcuni ufficiali, in groppa ai loro cavalli, si
dirigono di corsa verso le trincee dei pozzi. Anche io monto a cavallo e corro al galoppo verso la linea degli avamposti.
Incontro per via numerosi riparti dei battaglioni di riserva e qualunque squadrone di cavalleria i primi vanno a passo di corsa,
sollevando tra i palmizii un polverone straordinario. I cavalleggeri, curvi sulle criniere dei loro animali, scompaiono tra le
piante che ancora mi coprono alla vista la posizione della Bu-Meliana. Il rombo del cannone continua intanto sempre più violento.
Il mio cavallo ne ha delle scosse che gli fanno vibrare tutti i muscoli, dalla testa ai garetti. I colpi echeggiano da parecchie
parti. Non sono più soltanto le batterie della Bu-Meliana che tuonano colle loro bocche di bronzo. Odo le esplosioni che
cominciano anche laggiù dalla riva del mare verso Gargarisc. I turchi assalgono dunque tutto il semicerchio delle trincee
italiane che stringe l’oasi di Tripoli, di Gargarisc alla salina di Mellah? Impaziente di vedere, di spiegarmi il significato
esatto di tutto questo frastuono assordante, incito il cavallo ch’è più tardo del mio desiderio. Arrivo sulla linea del fuoco.
Il fuoco continua violento, nutrito da tutte le trincee della Bu-Meliana. Qui c’è una batteria dell’artiglieria della marina che
appoggia l’84° reggimento di fanteria, comandato dal colonnello Spinelli. Dalla parte di Gargarisc, una batteria da montagna
appoggia il 40° fanteria, agli ordini del colonnello Pastorelli. I “wetterly “ sono tutti in azione. Sono quasi le nove. Lungo
la linea delle dune del deserto che si elevano alla vista a circa 500 metri distante dalle bocche dei vostri fucili, si scorge
una lunghissima e rada fila di cavalieri arabi manovrati in ordine sparso. Appaiono straordinariamente bianchi nel loro “burnus”
sotto il sole sfolgorante. Sono bellissimi: caracollano sui loro bruni cavalli, alla distanza di una decina di metri l’uno
dall’altro. Evidentemente vogliono offrire il minor bersaglio possibile ai nostri tiri. Essi ci scaricano addosso, con pause
frequenti, rabbiosi colpi di fucileria. I nostri, dai terrapieni della Bu-meliana, rispondono con una mitragliera che venne già
sequestrata ai turchi nel combattimento precedente. Il fuoco dura da tre quarti d’ora. È un fuoco d’inferno. Il tiro dei nostri
“shrapnels” deve renderlo micidiale. Vediamo scoppiare gli “shrapnels” sulle dune dei nemici, in mezzo a nubi di polvere che le
esplosioni suscitano dalla sabbia. Questi nembi sono talora così fitti che impediscono per qualche minuto il miraggio esatto dei
nostri tiratori. Il posto avanzato oltre la line della Bu-Meliana è comandato dal tenente Minai. Di laggiù la terza compagnia
dell’84° fanteria spara una fitta fucileria di 24 colpi per soldato. Improvvisamente i cavalieri arabi scompaiono dieto la duna.
Si ritirano. Ma la loro ritirata non deve essere che uno spostamento insidioso, per tentare di aggirare qualche altra posizione
italiana. Hanno capito che le trincee della Bu-Meliana sono troppo forti. Cercano probabilmente un altro punto più debole.
La cavalleria nemica si deve essere riversata sul nostro fianco sinistro, verso le trincee dove sta appostato l’11° reggimento
bersaglieri, quello comandato dal colonnello Fara. Perché udiamo tirare vivacemente i bersaglieri appoggiati dall’artiglieria.
I nemici debbono cercare i fare impeto attorno alla posizione del fortino Meari, un antico forte turco ad est di tripoli, che
domina a Tagiura, a Abd-el-kerim a e Kasr Doga. Perché la mischia ferve da quella parte. Contemporaneamente, il fuoco
dell’artiglieria continua sempre vivo dal lato opposto, ad ovest, dalla parte di Gargarisc. Pare che colà sia apparso sulla
duna, anche un piccolo reparto di fanteria turca. Sulla linea dei nostri, debbano esserci laggiù alcuni distaccamenti dell’82°
reggimento fanteria, quello che era di guarnigione a Roma e che è comandato dal colonnello Borghi. Complessivamente, comprese
le soste, la scaramuccia è durata un’ora. Dopo, i nemici si sono ritirati novamente nell’interno. È impossibile calcolare con
precisione quanti fossero i cavalieri nemici; ma non dovevano essere più di tre o quattrocento. Essi erano stati avvistati,
stamane. In gruppi sparsi, dagli aviatori esploratori capitani Piazza e Molzo. Ricordate che pochi giorni or sono vi telegrafai
che alcune piccole bande armate, provenienti dalla Sirte, si erano uniti al grosso dell’esercito turco. Credo si tratti –
probabilmente - di queste. S’ignorano fino a questo momento le perdite eventuali del nemico.
Il cascinale traditore
Tripoli, 23, ore 15 (consegnato il 24, ore 16).
Continuo il telegramma rimasto interrotto stamane, a causa dell’incalzare degli avvenimenti. Durante lo scontro dalla parte di
Gargarisc, il quarantesimo reggimento fanteria (Pastorelli) ed una compagnia dell’11° bersaglieri, mentre combattevano
energicamente nelle trincee contro l’urto degli assalitori, sono stati anche assaliti alle spalle da un nucleo di arabi armati,
abitanti dell’oasi. Questi arabi che inaspettatamente e proditoriamente sono intervenuti a colpire i nostri da tergo, s’erano
valsi di una cascina situata lì presso; e dalle finestre e dai muri del cascinale sparavano a tutto andare. Lì per lì, i soldati
dell’84° e la compagnia dei bersaglieri, impegnati al fuoco, hanno creduto si trattasse di un errore. Non sapendo spiegarsi il
perché di quelle fucilate alle spalle, avevano supposto che qualche plotone di fanteria italiana della riserva, avanzatosi fuor
di posto, avesse incominciato a far fuoco. Ma, dopo il primo momento di sorpresa, gli ufficiali si accorsero subito che le
fucilate provenivano dall’interno della cascina araba. Lì dentro c’erano dunque dei ribelli. Il generale Pecori Giraldi ha
immediatamente mandato un forte distaccamento a circondare il cascianale. Esso è stato facilmente forzato dai nostri, che vi
hanno trovato dentro quarantotto arabi ancora armati e provvisti di parecchie munizioni.
Arresti e fucilazioni
Gli arabi sono stati immediatamente disarmati, e tratti in arresto. Due di essi, che più accanitamente degli altri, tiravano
alle spalle dell’84° fanteria sono stati fucilati sul posto. Eseguiti questi arresti in massa, ci precipitiamo sulle orme della
gendarmeria , per vedere i riottosi. Vediamo passare sette arabi, spinti avanti verso la città, dai gendarmi, che recano i fucili
e i pugnali sequestrati. Seguono molti berberi e molti neri, essi pure in arresto, che recano le munizioni trovate nel cascinale.
Poco dopo incontriamo altri centocinquanta arabi dell’oasi, scortati da un buon nerbo dei nostri carabinieri. Essi infatti
vengono tutti trasportati al castello. L’ex castello dei Vali. Infine vediamo arrivare un’altra cinquantina di arrestati. Essi
vengono dalla parte orientale della Mescia, che è abitata da una tribù bellicosissima. Cotesta tribù – al tempo della venuta dei
turchi in Tripolitania – li aiutò strenuamente alla conquista del paese, ricevendo in premio l’esenzione dalle tasse. Si deve
evidentemente alle mene di questi facinorosi –pochissimi del resto, in confronto alla gran massa della popolazione – l’odierno
movimento che è stato un vero e proprio tentativo di sommossa. Ad ore tre del pomeriggio è stato pubblicato un bando controfirmato
dal Governatore, col quale si invitano tutti i cittadini – arabi e turchi – a consegnare le armi prima del tramonto. Chiunque
verrà trovato dopo quest’ora in possesso di armi, sarà fucilato sull’istante.
Giuseppe Piazza.
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