Breve storia dell'emigrazione italiana in Tunisia
La presenza di una numerosa comunità di italiani in Tunisia ha origini molto antiche ma è solo a partire dalla prima
metà del XIX secolo che il suo peso economico e sociale diviene determinante in molti settori della vita sociale del paese,
tanto che la lingua italiana diviene la lingua franca nel settore del commercio e in quello della politica e della diplomazia.
I primi italiani a giungere in Tunisia agli inizi del XIX secolo furono, soprattutto, commercianti e professionisti in cerca
di nuove opportunità, provenienti, in genere, dalla Liguria, dalla Toscana (soprattutto da Livorno) e dalle altre regioni del
nord Italia.
A questi primi stanziamenti seguì una fase migratoria vera e propria caratterizzata dall’arrivo, sulle sponde meridionali del
Mediterraneo, di un gran numero di esuli mazziniani e di carbonari costretti all’espatrio per sfuggire alle repressioni
politiche messe in atto dagli Stati preunitari della penisola italiana.
Sul finire del secolo, in seguito alle difficoltà economiche e alla crisi sociale venutasi a creare nelle regioni meridionali
del nuovo Stato, determinate dalle politiche economiche e fiscali attuate dai governi liberali, si riversarono a Tunisi e
nelle altre città costiere della Tunisia, decine di migliaia di persone, soprattutto siciliani e sardi, che emigrarono in
gran numero tanto che il consolato italiano contò, nei primissimi anni del ‘900, più di 80.000 connazionali residenti.
Come è facile intuire, una presenza così massiccia e radicata nel tempo ha portato un contributo fondamentale allo sviluppo
economico e sociale della Tunisia.
La presenza degli italiani fu determinante, infatti, nel processo di modernizzazione
culturale del paese con la creazione di diverse scuole e istituti di cultura, con la fondazione di giornali e riviste in
lingua italiana e con la costruzione di ospedali. Nel settore del commercio e delle professioni l’Italia si fece sentire
attraverso la nascita di diverse associazioni artigianali, di istituti finanziari e di organizzazioni di categoria che
sostanziavano la propria attività nel settore della formazione professionale degli operatori economici di origine italiana.
Nel medesimo lasso di tempo l’Italia liberale sempre più manifestava mire espansionistiche e coloniali nei confronti di
quelle aree del continente africano non ancora sottomesse alla politica coloniale delle potenze europee. La Tunisia, in
questo senso, rappresentava, per la giovane Nazione in cerca di affermazione internazionale, un obiettivo piuttosto prelibato
che, tuttavia, attirava anche altri interessi.
La Francia, infatti, già a partire dagli anni ’80, aveva mostrato una particolare attenzione nei confronti di Tunisi. Risale
al maggio del 1881 la stipula del primo trattato tra lo stato francese e il Bey di Tunisi (ovvero, il rappresentante
dell’Impero Ottomano in Tunisia) a cui seguì nel giugno del 1883 la convenzione della Marsa che, in pratica, sancivano la
nascita di un protettorato francese sul paese nordafricano.
Se da una parte questo passo politico portò al peggioramento dei rapporti diplomatici tra Roma e Parigi (ricordiamo che
l’Italia, con il trattato di La Goulette del 1868, aveva stabilito rapporti privilegiati con la Tunisia) con l’attuazione di
forti ritorsioni doganali da parte del Governo Crispi, dall’altra, non va dimenticato, che la necessità di creare una moderna
rete di infrastrutture nei territori di nuova “acquisizione” richiamò in Tunisia un numero sempre crescente di immigrati
italiani.
L’aumento dei nostri connazionali e il loro attivismo sociale creò notevole preoccupazione nelle autorità francesi che
sospettavano ingerenze negli affari coloniali da parte dell’Italia accusata di fomentare azioni antifrancesi attraverso
finanziamenti e altro genere di aiuti. Le autorità coloniali risposero creando sempre maggiori difficoltà allo svolgimento
delle attività commerciali e professionali della comunità italiana. Si giunse addirittura a costringere i figli dei residenti
“stranieri” di origine europea (ma in pratica questa costrizione era rivolta quasi esclusivamente agli italiani) a diventare
cittadini francesi per mezzo di naturalizzazioni forzate. Con l’ascesa al potere di Mussolini, i contrasti tra Roma e Parigi
si acuirono anche perché gli italiani di Tunisia si mostrarono molto sensibili ai richiami della propaganda del Regime tanto
che aderirono in maniera compatta alle idee del fascismo.
Nell’immediato secondo dopoguerra la Francia, memore dei contrasti con il regime fascista e della guerra combattuta su
fronti opposti, mise in essere una politica molto repressiva nei confronti della comunità italiana: si arrivò a compiere
azioni di esproprio di terreni, alla requisizione di beni immobili, alla chiusura di attività commerciali e culturali (furono
chiuse, ad esempio, scuole e giornali di lingua italiana), ad operare arresti ed espulsioni di personalità di spicco.
Con la fine del periodo coloniale e la proclamazione della Repubblica (avvenuta il 25 luglio 1957), i rapporti tra l’Italia
e il nuovo stato tornarono a normalizzarsi grazie alla stipula di numerosi accordi commerciali tra i due paesi. Tuttavia,
questa nuova stagione di rapporti non conflittuali non impedì alla Tunisia di dare avvio (nel corso dei primi anni ’60) ad
una politica di nazionalizzazione delle terre agricole attuata per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro di manodopera
locale. Questa politica colpì duramente gli interessi italiani nella regione tanto che costrinse migliaia di nostri
connazionali che avevano perso tutte le proprie risorse economiche a lasciare il paese e tornare in Italia.
Bibliografia
Pendola, M., “Gli italiani di Tunisia”, I Quaderni del Museo dell'Emigrazione, n. 8, Editoriale Umbra. Città di Castello, 2007, Roma 2002.
Cartolina illustrata spedita da Tunisi. (Leggi...)
Certificato di battesimo rilasciato dalla cattedrale di Tunisi. (Leggi...)
Articolo de "Il Giornale d'Italia" sugli italiani di Tunisi. (Leggi...)
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