Ellis Island. La porta (poco dorata) dell'America
L’isola di Ellis Island, ubicata nel golfo di New York all’ombra della Statua della Libertà, deve la sua incontrastata fama
al fatto di essere stata, a partire dal 1892 la sede della stazione federale per l’immigrazione degli Stati Uniti d’America.
Conosciuta dai nativi come "Kioshk" o isola delle Ostriche per via dell’abbondanza di tali molluschi nei suoi fondali, in
seguito, l’isola divenne anche un rifugio per pirati o un deposito di munizioni oltre a prendere altri nomi (es.: isola di
Bucking; isola di Anderson) tra cui quello di un suo proprietario, Samuel Ellis, a cui deve la denominazione definitiva. Agli
inizi del XIX secolo l’isola divenne parte integrante del sistema di fortificazioni del golfo di New York in
seguito all’occupazione, avvenuta nel 1812, della città da parte della flotta inglese che poté giungere indisturbata a
ridosso della città. Per renderla adatta a questa nuova funzione vi fu costruito un forte (il forte Gibson, dal nome di un
eroe nazionale) dotato di possenti postazioni di artiglieria.
L’isola di Ellis divenne importante nella storia delle migrazioni dal vecchio continente a partire dal 1890. Prima di questa
data ogni stato della confederazione americana aveva leggi e strutture proprie preposte al controllo dei flussi immigratori
tanto che la stazione dello stato di New York era collocata al Castle Garden nella zona della Battery. Questo tipo di
organizzazione diede adito a un gran numero di problemi e di critiche a causa dell’insufficienza delle strutture incapaci di
reggere il crescente flusso di immigrati e per gli alti livelli di corruzione e di incompetenza raggiunti tra i suoi
operatori.
Si decise, pertanto, di intervenire in modo radicale e di costruire un nuovo e più grande centro per l’immigrazione su Ellis
Island questa volta, però, sotto le direttive del Governo federale.
La nuova stazione aprì i battenti il primo gennaio del 1892. L’edificio originario era stato realizzato in legno di pino
della Georgia ed era caratterizzato dall’essere formato da un vasto edificio rettangolare con quattro basse torri quadrate
poste agli angoli. La nuova costruzione ebbe, però, vita breve: il 14 giugno del 1897, dopo soli cinque anni dall’apertura,
il complesso fu completamente distrutto da un incendio che lo rase al suolo “fino alle fondamenta”.
Il 17 dicembre del 1900 venne inaugurato il nuovo centro federale per l’immigrazione. La nuova
struttura, questa volta in muratura, era in grado di accogliere le migliaia di emigranti che ogni giorno giungevano al porto
di New York dal vecchio continente (si pensi che già nel primo giorno di apertura del centro vi transitarono ben 2251
passeggeri!). Oltre a vasti ambienti destinati ai controlli sanitari e doganali degli emigranti (la Registry Room), Ellis
Island era dotata anche di un grande deposito bagagli, di un ristorante e di una biglietteria ferroviaria.
In seguito, con
l’aumentare degli sbarchi, fu necessario ampliare la struttura originaria dotando l’isola di altri servizi quali ambulatori,
un ospedale, delle cucine e delle mense. A queste strutture, riservate ad ospitare gli emigranti non perfettamente in regola
sia dal punto di vista sanitario che da quello burocratico, vennero affiancati locali adibiti a biblioteche e sale
cinematografiche destinati ad alleviare il “soggiorno” degli internati.
Durante il corso della prima guerra mondiale, in corrispondenza della quasi totale cessazione degli espatri dall’Europa
dovuti alle note vicende belliche, Ellis Island divenne il luogo di detenzione per gli “stranieri sospetti nemici”
(“suspected enemy aliens”), ovvero, per tutti coloro che, pur essendo residenti in America da anni, erano originari dei
paesi in guerra contro gli Stati Uniti. Nel 1920 l’isola tornò alla sua originaria funzione di stazione federale per
l’immigrazione anche se, fino al novembre del 1954, anno della sua definitiva chiusura, il complesso fu adibito, nuovamente,
ad scopi diversi tanto che, durante la seconda guerra mondiale, divenne nuovamente un centro di detenzione per prigionieri
di guerra o, in seguito, un centro di addestramento per il personale della guardia costiera.
In conclusione, si può osservare che in più di 60 anni di attività come stazione federale per
l’immigrazione, Ellis Island ha rappresentato la porta di ingresso alla speranza americana per milioni di persone
(certamente più di 12 milioni). Non sempre e non per tutti gli auspici di una vita migliore si sono, poi, rivelati tali,
ma, sicuramente per tutti, il passaggio “sull’Isola delle Lacrime” è rimasto impresso in maniera indelebile nella propria
memoria di emigrante dando così luoghi una valenza paradigmatica nell’immaginario collettivo americano.
Nel 1965 il presidente Lyndon Johnson dichiarò il complesso di Ellis Island monumento nazionale incorporandola, di fatto, al
parco storico della Statua della Libertà. A partire dal 1984 l’isola e gli edifici che vi sorgevano furono oggetto di una
profonda operazione di restauro, il maggior progetto di restauro di un monumento storico mai realizzato negli Stati Uniti,
costata, all’epoca, circa 160 milioni di dollari. I fondi necessari furono raccolti dalla fondazione (The Statue of
Liberty - Ellis Island Foundation, Inc.) che curava i lavori esclusivamente attraverso le donazioni dei privati.
L’intervento conservativo in cantiere ha permesso di riportare la struttura al suo stato originario ma, fatto altrettanto
importante, ha permesso anche di dare una sistemazione adeguata agli archivi contenenti i dati di milioni di immigrati.
Dal 10 settembre del 1990 Ellis Island ha riaperto i battenti come museo federale dell’immigrazione. Ogni anno il museo è
visitato da almeno 2 milioni di persone. Una delle sue maggiori attrazioni è costituita dall’”Honor wall” un monumento che
riporta, inciso su pietra, il nome di tutti gli emigranti transitati per Ellis Island: un degno modo per ringraziarli per
il contributo che hanno dato alla crescita della terra di adozione.
Bibliografia
Di Paolo, N., “Ellis Island. Storia, versi e immagini dello sradicamento”, La Città del Sole, Napoli 2007.
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