E le responsabilità?
(Il Giornale d'Italia 8 agosto 1906)
L'opinione pubblica si preoccupa giustamente delle responsabilità che emergono dalla terribile sciagura
[il naufragio del piroscafo "Sirio"]. E noi ci proponiamo di esaminare la grave questione con la nostra obiettività consueta
appena avremo notizie precise sulle quali fondare un esatto giudizio.
Intanto vogliamo fin da ora fare qualche rilievo perché è bene che l'attenzione del pubblico non sia fuorviata; e se vi sono
delle responsabilità non si debbono nascondere o soffocare.
Da quanto, finora a sappiamo pare che il disastro non sia dovuto a cause di forza maggiore quali sarebbero state un uragano,
un ciclone, una improvvisa collisione notturna o altro.
Il disastro avvenne in pieno giorno, in località molto conosciuta dai naviganti e frequentata dai navigli d'ogni specie, quindi
è da domandarsi se esso sia dovuto ad errore o negligenza. Ed è pure legittima, e anche più fondata la domanda se il piroscafo
offrì all'urto quella resistenza che deve offrire una buona nave che trasporta passeggieri in viaggi di lunga navigazione. Pur
troppo il Sirio per quanto nave di buona velocità , era una vecchia nave. Aveva il suo scafo la solidità e la resistenza
necessarie? E le "paratie stagne" erano e si mantenevano chiuse durante la navigazione?
Ecco le diverse domande alle quali non può rispondere che una severa e sollecita inchiesta. L'inchiesta poi dovrebbe accertare
altre circostanze e cioè se il piroscafo era fornito di tutti i mezzi di salvezza prescritti. I telegrammi ricevuti ci parlano
di una caccia feroce ai salvagenti (cinture di salvataggio): ma questo fatto appare inesplicabile perché il vigente regolamento
dell'emigrazione stabilisce che per ogni emigrante imbarcato a bordo vi sia una speciale cintura di salvezza, collocata nella
rispettiva cuccetta.
Fu osservata questa disposizione? E se non fu rispettata, a chi è da attribuirsi la colpa di questa negligenza?
Parimenti noi domandiamo se il piroscafo aveva in ordine, secondo le precise norme del regolamento, le imbarcazioni di
salvataggio, le quali dovevano bastare per circa 400 persone. A rigore di legge, prima che un piroscafo con emigranti lasci
l'Italia esso è visitato da Commissioni speciali, pagate col fondo dell'emigrazione, cioè con i denari degli emigranti.
Hanno adempiuto queste Commissioni al loro dovere? Che cosa si è fatto in proposito? E dopo il disastro, si sono iniziate le
inchieste volute dal codice della Marina mercantile e con quali garanzie? Ripetiamo poi che il nuovo regolamento Pantano
sulla emigrazione se fosse stato applicato, avrebbe tolto una vecchia nave come il Sirio dal servizio di emigrazione. Perché
si tarda ad applicare il regolamento già approvato, già sanzionato e che è diretto ad eliminare le navi che non danno sufficiente
garanzia?
Certamente gli interessi connessi col trasporto degli emigranti sono forti e premono da ogni parte, ma sarebbe iniquo se tali
interessi impedissero che fosse garantita la sicurezza della traversata a quelle schiere. Il disastro del Sirio ci rivela un
grave pericolo; giacché se, per fortuna della nostra bandiera, sono numerosi i transatlantici italiani in condizioni migliori
del Sirio ve n'ha pur troppo altri che forse valgono di meno e che costituiscono una minaccia perenne. E a ciò si deve provvedere
in tempo.
Le società italiana che da più anni vedono diecine di milioni sottratti dalle navi estere alla nostra bandiera col trasporto di
emigranti, che cosa hanno fatto per migliorare il loro materiale navigabile e l'organizzazione dei loro servizi di bordo e
mettersi in grado di far buona concorrenza? Ancora oggi vanno in giro per i mari bastimenti mediocri e logori. E si ricorda
che la Sardegna è restata tre o quattro volte immobilizzata in mezzo all'oceano; l'Italia ha avuto una serie di avarie ed è
rimasta ferma per 20 giorni alle Azzorre, ecc.
Perché non attuare le benefiche disposizioni della legge Pantano, perché ritardare l'applicazione del regolamento che esige,
oltre al resto, la doppia elica, doppi fondi, ecc.? Ancora, sotto lo specioso pretesto di incoraggiare l'industria nazionale,
la burocrazia è riuscita a portare la legge Pantano innanzi al Consiglio superiore della marina mercantile, che esita a
respingere inesorabilmente il materiale decrepito.
Per esempio, che cosa si è fatto della proposta di far intervenire nella Commissione di visita dei piroscafi, coscienziosi e
valenti ufficiali di vascello della marina militare, che darebbero sicura garanzia di competenza e di indipendenza?
Nel nostro paese gli emigranti pagano una tassa di L. 8 a testa per la protezione che il Governo loro accorda. E sarebbe enorme
che questi disgraziati lavoratori che lasciano la madre patria e varcano l'oceano in cerca di miglior fortuna non avessero a
ricevere quella protezione che è un sacrosanto dovere dello Stato e che gli emigranti stessi pagano.
Ai primi soccorsi degli infelici naufraghi ha provveduto la Spagna con il generoso slancio degno delle sue nobili tradizioni
cavalleresche. Ora al nostro Governo spetta di completare quei soccorsi e di accertare le responsabilità.
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