Il naufragio del "Sirio"
(Italia Navale, n.16, agosto 1906)
A bordo del Sirio nel momento in cui la punta d'una roccia a quattro o cinque metri sotto il livello del
mare squarciava per forse venti, forse trenta metri la carena della nave, e l'acqua penetrava irresistibile dall'enorme buco,
ogni cosa travolgendo ed ogni compartimento allagando, è stata una lunga, orribile, tragica scena, che dopo tanti giorni lascia
ancora nell'animo un senso di orrore, di disgusto, di pietà.
In quegli orribili casi, fortunatamente rarissimi anche nello elenco dei naufragi, il disgusto non si può scompagnare dalla
pietà, giacchè di fronte alla morte orrenda ed imminente, l'uomo, che col suo aspetto non ebbe dimestichezza alcuna, d'un balzo
solo, inumano e terribile, valica diecine, centinaia di secoli e si rivela d'un tratto nelle sembianze dei suoi lontanissimi
antenati, i crudeli e possenti abitatori preistorici delle caverne. La bestia umana, sonnecchiante nell'uomo moderno, si scuote
ad un tratto e squarciando la vernice di dozzine di secoli di civiltà si lancia nella lotta per la vita urlando di terrore pazzo,
calpestando i più deboli, lottando coi denti e colle unghie per strappare un salvagente a una donna, per staccare le mani
raggrinzite d'un fanciullo dall'orlo d'una imbarcazione.
Di fronte a questo straripare della bestialità umana, che distrugge od affonda lo stesso mezzo della salvezza, deve stare
un'altra forza, tenace, inflessibile, possente, fatta di lunga e ininterrotta abitudine: la disciplina di bordo, più forte della
disciplina del soldato, in quanto questa deve servire a fargli affrontar la morte e quella, in più, deve lottare di fronte alla
morte, contro un orda pazza di terrore e per la salvezza di quei stessi che la morte di tutti renderebbe inevitabile.
Coloro che in Italia han gridato tanto contro il comandante e l'equipaggio del Sirio, han mai fatto nulla per consolidare questa
sublime espressione della civiltà contro la barbarie, della ragione contro l'istinto brutale, che è la disciplina a bordo?
Non solamente nulla han fatto, ma hanno sempre lavorato appunto contro questa disciplina che, a catastrofe avvenuta, lamentano
si sia dimostrata insufficiente.
Il comandante doveva, gli ufficiali, l'equipaggio dovevano far questo o quell'altro... ciarlano costoro, che forse mai si sono
allontanati dieci miglia dalla riva, ma han plaudito gli scioperi dei lavoratori del mare e a tutte quelle altre forme di
agitazione che scuotono il vincolo duisciplinare di bordo, indeboliscono l'autorità dei capi e sgretolano la compagine
dell'equipaggio.
Io non so fino a che punto abbiano agito sul Sirio comandante, ufficiali ed equipaggio, come ancor oggi (12 agosto) non
lo sanno i critici improvvisati che da una settimana conducono una campagna di denigrazione su tanti giornali del nostro paese.
Mi astengo perciò da un giudizio che potrebb'essere errato per incompleta conoscenza dei fatti, e credo che un senso elementare
di onestà dovrebbe imporre un'analoga condotta a tanti accusatori italiani, se pure essi non sentano il pudore della loro
crassa ignoranza in materia, che dovrebbe trattenerli dallo stampare le cose grottesche che hanno scritto.
Perfino una donna italo-americana, sol perché è stata trasportata parecchie volte a traverso l'oceano, ha dato sfogo al continuo
bisogno di far della letteratura e della... denigrazione italiana, chiedendo alle autorità i grossi vapori sul tipo della
White Star Line, ben costrutti, bene inchiodati, sicché possano impunemente battere contro una roccia aguzza a cinque
metri sott'acqua, senza naufragare!
E su questo tono, e con queste profondità di cognizioni navali, quante lucubrazioni non sono state fatte nei giornali italiani,
anche in quelli che pretendono di esser seri!
Dopo nove anni che da queste colonne noi combattiamo contro i ferrivecchi e per una marina a vapore veramente moderna, riuscendo
invisi agli armatori e alle autorità, eccoci ad un tratto in troppo numerosa compagnia, chè tutti strillano perché il Sirio era
vecchio, perché aveva troppi emigranti, perché non possedeva mezzi adeguati di salvataggio. E tutti in coro chiedono oggi
(soltanto oggi) grosse navi, doppia chiglia, doppia elica e severità inaudita, specialmente contro la Navigazione Generale,
cui apparteneva la nave perduta.
Dobbiamo noi dell'Italia Navale rallegrarci di questa inattesa insurrezione dell'opinione pubblica a favore della tesi
che da tanti anni sosteniamo?
Io non saprei gioire di questo successo, giacché lo spettacolo di certa stampa mi desta invece un senso di disgusto e devo dire
ciò che sento vero: il disastro del Sirio non ha niente a che fare con l'età della nave, col numero delle eliche, con la
robustezza della carena, coi mezzi di salvataggio.
Qualunque altra nave, da guerra o mercantile, fosse andata a sbattere sulla roccia che ha squarciato il Sirio, avrebbe avuto la
stessa sorte per quanto possente fosse stata la sua carena, doppie, triple, quadruple le sue eliche, recente la sua costruzione.
E aggiungo che la pretesa di avere imbarcazioni tanto grosse e numerose da contenere tutti gli emigranti, tutti i passeggeri e
tutto l'equipaggio, è pretesa assurda che nessuna nave di qualsivoglia compagnia del mondo realizza, né potrebbe realizzare. Se
anche, per un miracolo di architettura navale, che non è ancora avvenuto, si potesse collocarne a bordo in numero sufficiente,
quale equipaggio, e quanto tempo occorrerebbe a metterle tutte in mare, ordinatamente in modo da imbarcarvi tutta la folla che,
pazza di terrore, si precipita sulle prime che si approntano, affondandole o capovolgendole?
Qui e non altrove, va cercata la causa vera della entità del disastro del Sirio.
Tranne coloro che affogarono all'interno della nave, tutti gli altri che annegarono, o almeno la maggior parte di essi, avrebbe
evitato la morte se si fosse munita dei salvagente di cui v'è sempre a bordo almeno uno per ogni passeggiero e se non avesse
reso vano col pazzo terrore la prima opera di salvezza.
Ma è proprio su questa opera, in così terribili condizioni, che una parte della stampa inglese si è scagliata con una
veemenza denigratrice che ha trovato, al solito, larga accoglienza nella stampa italiana.
Data la brevità del tempo trascorso, si sarebbe detto che ogni giornale d'oltre Manica avesse avuto a bordo un corrispondente che
lanciasse i suoi marconigrammi a traverso l'etere. Miracolo di rapidità... o di invenzione, giacché si seppe poi che il
comandante del Sirio non si è suicidato, che il dottore non aveva moglie né figli che lo riabbracciassero a terra.. e così via.
A leggere quei giudizi dei fogli inglesi che assai probabilmente avevano fabbricato in redazione i nove decimi dei dispacci, a
vederli riprodotti senza una protesta in certi fogli italiani, come oro di coppella, c'era da arrossire per la vergogna e da
impallidire per l'indignazione, giacché non sul solo naufragio del Sirio quei signori han ciarlato, ma dal fatto specifico sono
risaliti alle qualità di tutta la nazione, di tutta la razza e ci han detto che siamo dei vigliacchi e dei bruti, e per mare non
ci possiamo andare.
Io non voglio assumere alcuna posa di vendicatore o rivendicatore del mio paese e della mia gente, ma poiché stampo un pezzo di
carta italiana, non posso trattenermi dal dire in pubblico a tutti quei gaglioffi, che in Inghilterra hanno sdottoreggiato di
razza e di attitudini, che essi sono dei cialtroni, che non onorano il nobilissimo paese, composto in grandissima maggioranza
di gente seria che ha sale in zucca e freni alla lingua.
Essi han mentito sui fatti e sugli apprezzamenti, per mancanza di cognizioni o per sleale concorrenza di bottega, giacchè può
impinguar la borsa il denigrare una compagnia concorrente o tutta una marina concorrente, proprio nel momento in cui essa accenna
a risorgere e scendere in campo con nuovo e numeroso materiale per tenere con onore quelle linee d'emigrazione per Nord e pel
Sud America, che solo la nostra insipienza ha potuto così largamente aprire a tedeschi, a inglesi, a francesi, a spagnuoli...
Che bel colpo gettare lo spavento tra gli emigranti e i passeggeri dell'Atlantico e allontanarli dalla bandiera italiana così
mal servita da ufficiali inetti e da marinai vigliacchi, usi a salvar la pelle calpestando e accoltellando i viaggiatori in
caso di disastro!
E' un bel colpo commerciale, ma è anche una spudorata azione che chiama a sostegno la più turpe menzogna giacchè, vivadio, non
da ieri tutti i mari del mondo sanno l'abnegazione e il coraggio mostrato in mille occasioni dalla nostra gente di mare, che è
avvezza a sentirsi lodare per quelle sue qualità nel miglior inglese che si parli sulle rive del Tamigi e sui docks di Liverpool.
Ed è proprio in questa lingua, o bottegai della penna, che mille colleghi miei del mare si son sentiti chiamare salvatori,
dopo avere generosamente rischiata la loro pelle per conservarne alcune sui corpi inglesi.
Nessuna posa, dunque, di giustizieri dell'onore altrui di fronte a un disastro italiano dal quale i tre quarti dei
viaggiatori si salvarono.
Il capitano del Sirio può anche essere debole di corpo o di mente, ma egli e i suoi ufficiali sono a disposizione dei nostri
tribunali e non sono scappati dalla nave e dalla terra che li ha salvati, come il capitano di un disgraziato trasporto
d'emigranti che batteva bandiera inglese e fece un naufragio più spaventoso del Sirio.
Né in quella occasione, né in cento altre, noi gente di mare, abbiamo vituperato alcuno, perché tutti sappiamo quanto il giudizio
possa essere errato pur dopo settimane e mesi. Abituati alle terribili responsabilità, sentiamo istintiva la pietà e
l'indulgenza perr gli sventurati; ma se sappiamo essere modesti alla lode anche più meritata, sentiamo pure la coscienza del
nostro valore collettivo nazionale e possiamo serenamente dire ad ogni denigratore d'oltre mare o d'oltre manica che egli
mentisce.
Argus.
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