Legge 7 luglio 1868, n. 4490 che impone una tassa sul macinato
Legge N. 4490.
Legge colla quale è imposta una tassa sulla macinazione dei cereali.
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VITTORIO EMANUELE II
Per grazia di Dio e per volontà della Nazione
RE D’ITALIA
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. 1.
E’ imposta a favore dello Stato una tassa sulla macinazione dei cereali, giusta la tariffa seguente:
      Grano a quintale.                                       L. 2. »
      Granturco e segala, id.                           
    » 1. »
      Avena                             
                          » 1.20
      Altri cereali, legumi secchi e castagne           » 0.50
Questa tassa dovrà essere pagata dall’avventore nelle mani del mugnaio, prima dell’esportazione delle farine.
Art. 2.
In correspettività e saldo delle quote riscosse, il mugnaio pagherà all’Esattore delle tassa dirette, nei modi e
tempi che saranno stabiliti con Decreto Ministeriale, una quota fissa per ogni cento giri di macina. A questo
effetto sarà a cura e spesa dello Stato applicato all’albero di ogni macina un contatore dei giri.
Art. 3.
La quota di cui all’articolo precedente sarà stabilita mediante convenzione tra il mugnaio e l’Amministrazione, avuto
riguardo alla qualità e potenza degli apparecchi ed al sistema di macinatura.
Se l’accordo non potrà conseguirsi, sarà in facoltà dell’Amministrazione di appaltare la tassa; se non vorrà valersi
di questa facoltà, si ricorrerà al giudizio di uno o tre periti nominati dal Presidente del Tribunale, secondo
la importanza dei casi. Il giudizio dei periti sarà esecutivo, salvo alle parti il ricorso all’Autorità
giudiziaria per il regolamento definitivo della quota ed il diritto ai relativi conguagli.
Tranne il caso dell’appalto del dazio, tanto l’Amministrazione, quanto i mugnai, potranno chiedere di anno in anno
la revisione della convenzione medesima ed un nuovo giudizio di periti, se non potesse conseguirsi l’accordo.
Questa revisione potrà essere richiesta anche durante l’anno, quando si verificassero nuovi fatti straordinari ed
imprevisti.
Art. 4.
Nei mulini ove si macina granturco o segala, si accorderà uno sgravio del 50 per cento sul numero dei giri, che,
giusta le norme da stabilirsi con Decreto Reale, si riconosceranno imputabili alla macinazione di questi cereali.
Art. 5.
Quando un congegno applicato ad un mulino venisse a guastarsi, il mugnaio dovrà darne immediatamente notizia
all’Agente finanziario, e, per i giorni in cui il congegno non avesse funzionato, la tassa sarà stabilita in
ragione della media giornaliera, da determinarsi secondo le norme che verranno stabilite nel Regolamento.
Art. 6.
In difetto della denunzia di cui all’articolo precedente, il mugnaio, oltre la multa nella quale incorrerà a termini
dell’art. 16, pagherà la tassa di macinazione, dal momento dell’ultima verificazione sino a quello in cui il guasto
sarà constatato, alla ragione del massimo lavoro fatto dalla macina in un tempo eguale.
Art. 7.
Nei mulini, a cui non fosse possibile o conveniente applicare un contatore dei giri, od altro congegno meccanico, la
tassa sarà pagata sul prodotto presuntivo della macinazione di ciascun mulino.
L’accertamento si farà nei modi e colle forme stabilite dalle Leggi del 14 luglio 1864, n. 1850, 28 giugno 1866, n.
3023, e 28 maggio 1867, n. 3719, per la ricchezza mobile.
La tassa sarà pagata alle epoche e nei modi da stabilirsi dall’Amministrazione finanziaria.
L’esercente del mulino, in vicinanza del quale ne venisse istituito un nuovo, o quello che esisteva aumentasse il
numero o la potenza delle sue macine, potrà presentare una dichiarazione rettificativa ed ottenere la riduzione del
canone anche nel corso dell’anno, quando giustifichi che da ciò sia derivata la diminuzione di un decimo o più
dell’ordinario lavoro.
Art. 8.
La sospensione del lavoro del mulino durante l’anno per forza maggiore non darà luogo alla macinazione proporzionata
del canone, se non duri per un mese oltre il termine calcolato nello stabilire il canone stesso, ed egualmente se
non duri lo stesso tempo nel caso che la sospensione non fosse stata prevista.
Art. 9.
I mugnai che riscuotono la mulenda in natura , dovranno, se così piace all’avventore, riscuotere nella stessa forma
anche il dazio, ricevendo i generi al prezzo delle ultime mercuriali del mercato più vicino. Una copia di queste
mercuriali, firmata dal Sindaco, dovrà tenersi costantemente affissa nell’interno del mulino.
E’ fatto obbligo ad ogni mugnaio di tenere nel mulino una bilancia bollata per pesare i grani e le farine.
Art. 10.
Chiunque esercita un mulino sarà tenuto a dichiararlo all’Autorità finanziaria entro un mese dalla pubblicazione
della Legge; e chi intende nell’avvenire d’impiantare un mulino nuovo, di attivarne un antico, o di aumentare il
numero delle macine di un mulino in esercizio, dovrà fare la menzionata dichiarazione all’Autorità finanziaria due
mesi prima di por mano al lavoro di macinazione.
Art. 11.
Nessuno potrà macinare i generi indicati nell’art. 1, senza essere munito di speciale licenza, per cui pagherà
centesimi cinquanta per ogni macina od altro apparecchio di macinazione.
La licenza dovrà rinnovarsi ogni anno.
Se avranno luogo aumenti di macine o di altri apparecchi di macinazione, l’esercente dovrà ottenere una licenza
suppletoria, pagando il diritto contemplato al primo comma di questo articolo. La licenza suppletoria sarà rinnovata
contemporaneamente alla principale.
Art. 12.
L’Amministrazione potrà esigere dagli esercenti una cauzione.
Le norme per la cauzione saranno determinate dal Regolamento, da approvarsi con Decreto Reale.
Art. 13.
I Delegati dell’Autorità finanziaria avranno pur sempre diritto di entrare nei locali addetti alla macinazione,
farvi le verifiche occorrenti, e prendere ispezione dei registri.
Essi potranno anche adire l’Autorità giudiziaria per le visite domiciliari che si rendessero necessarie nel caso di
non dichiarato esercizio di macinazione.
Art. 14.
Fuori del caso di macinazione abusiva, la circolazione dei generi indicati all’art. 1, e delle farine, non potrà
assoggettarsi a visite od a restrizioni di sorta, salvoché si tratti dell’esecuzione di prescrizioni generali di
dogana.
Art. 15.
Il Governo potrà sospendere dall’esercizio del mulino per tempo determinato, previo diffidamento al proprietario,
il mugnaio:
1° che rimanga in arretrato del pagamento, oltre il termine prescritto dal Regolamento, del canone o della tassa
dovuta;
2° che non dichiari entro il termine prescritto l’aumento del numero o della potenza delle macine;
3° che scientemente esiga dai contribuenti un compenso maggiore di quello che la Legge prescrive.
Art. 16.
Saranno sottoposti a multa da lire 50 a lire 500 gli esercenti di mulini:
1° che non fossero forniti della prescritta licenza, o non l’avessero rinnovata in tempo debito;
2° che non dessero subito avviso all’Agente finanziario dei guasti e delle alterazioni avvenute nel congegno
meccanico applicato dell’Amministrazione;
3° che continuassero a macinare dopo e finché duri la sospensione contemplata dall’articolo precedente;
4° che rifiutassero ai Delegati dell’Amministrazione finanziaria o dell’Autorità giudiziaria l’entrata nei luoghi,
o si opponessero all’esercizio delle facoltà di cui è cenno all’art. 13;
5° che togliessero o guastassero i contatori o altri congegni applicati d’ordine del Governo, ne mutassero le
indicazioni, alterassero o falsificassero i bolli; e, tanto in questo, quanto nei casi accennati al numero 4
del presente articolo, e al numero 3 dell’articolo precedente, senza pregiudizio delle disposizioni delle Leggi
penali generali.
Art. 17.
Coloro che avessero macinato senza avere fatto la dichiarazione prescritta dall’art. 10, o fossero incorsi nelle
contravvenzioni ricordate ai numeri 3 e 5 del precedente articolo, oltre la penale entro i limiti fissi ivi stabilita,
ed oltre il dazio su tutta la macinazione di contrabbando, dovranno pagare una multa, che si misurerà tra il doppio
ed il quintuplo del dazio medesimo, la quale sarà portata al decuplo, se chi non dichiarò il suo esercizio riscossa
da altri per proprio conto la tassa imposta dalla Legge.
Art. 18.
Sono applicabili alle contravvenzioni alla presente Legge, in quanto non sia in questa diversamente disposto, gli
articoli 21, 24 e 25 della Legge sulle tasse governative e sui dazi di consumo 3 luglio 1864, n. 1827.
Nel caso di macinazione non dichiarata, avrà inoltre applicazione l’art. 22 della Legge stessa, e l’apparato
macinatore sarà posto fuori d’esercizio.
Art. 19.
Gl’Impiegati dello Stato od altri pubblici Agenti, che si rendessero colpevoli di collusione nella macinazione di
contrabbando, incorreranno nella destituzione e nel triplo della multa stabilita dalla presente Legge, ed, in caso
di corruzione, saranno puniti inoltre colla interdizione dai pubblici uffici e con una multa speciale che raggiunga
il triplo del valore delle cose promesse o ricevute, e la quale non potrà essere minore di 250 lire, senza pregiudizio
del disposto delle Leggi penali generali.
Art. 20.
Dove il Governo lo riconosca indispensabile, potrà aggregare ai Contabili dello Stato qualche Agente collettore,
incaricato di recarsi a riscuotere direttamente dai mugnai le somme da loro dovute.
Art. 21.
Per la provvista ed applicazione dei contatori ed altri congegni meccanici di cui all’art. 2, viene stanziata nella
parte straordinaria del bilancio passivo del Ministero delle Finanze del corrente esercizio la somma di lire
3,000,000.
Art. 22.
Il Governo avrà la facoltà di sostituire, con Decreto Reale, al contatore dei giri ogni altro congegno meccanico che
fosse in seguito riconosciuto più atto ad accertare il lavoro fatto dal mulino, rimanendo ferma sempre la tariffa di
cui all’art. 1.
Art. 23.
Sulle farine importate dall’estero si pagherà, al passaggio della linea doganale, il dazio stabilito nell’art. 1 per
il relativo cereale coll’aumento di un quinto; e ciò in aggiunta a quei diritti doganali a cui fossero già sottoposte.
Sul pane, sul biscotto e sulle paste importati nel Regno, si pagherà una tassa eguale a quella che colpisce le farine
di cui sono composti.
La tassa sarà riscossa anche all’entrata nelle città franche, eccettuato il caso di transito.
Alla esportazione dallo Stato delle farine, del pane, del biscotto e delle paste, sarà restituita la tassa di
macinazione con le norme che verranno prescritte per Decreto Reale, ragguagliando il quintale di farina a chilogrammi
cento venticinque di grano, e colla deduzione del 10 per cento.
La restituzione della tassa nel caso di esportazione non avrà luogo pel primo trimestre nel 1869, se non previa
giustificazione che la farina pagò effettivamente il dazio di macinatura.
Art. 24.
La presente Legge andrà in attività col 1° gennaio 1869; e, a datare da tal giorno, le disposizioni dell’art. 5 del
Decreto legislativo 28 giugno 1866, n. 3023, saranno applicate eziando ai redditi provenienti dai titoli del Debito
Pubblico, pei quali si riscuoterà l’imposta di ricchezza mobile, mediante ritenuta, all’atto del pagamento
degl’interessi fatto dal Tesoro così all’interno che all’estero.
Art. 25.
Col 1° gennaio 1869 cesserà pure il diritto di prestino e forno che si esige nei Comuni aperti delle Provincie venete
e mantovana; e verranno riscossi nei Comuni chiusi delle Provincie stesse i dazi di conto dello Stato sulla
introduzione delle farine, del pane, delle paste e del riso, nella misura prescritta dal Decreto legislativo 28
giugno 1866, n. 3018, per le altre parti del Regno.
Art. 26.
Il Governo del Re ha la facoltà di provvedere con Decreto Reale a quanto occorra per l’esecuzione di questa Legge.
VITTORIO EMANUELE
Luogo del Sigillo. V. Il Guardasigilli De Filippo.
L. G. Cambray Digny.
Riferimenti: Pubblicata sulla G.U. del Regno d’Italia il 1° agosto 1868
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