1901-1915 - Fase matura della Grande Emigrazione italiana.
Agli inizi del nuovo secolo si assistette ad una ripresa del flusso migratorio alimentato, soprattutto, dalle componenti rurali della società italiana. A pertire furono soprattutto i contadini meridionali che con la propria famiglia ma, molto più spesso da soli, preferirono le mete transoceaniche.
Gli studiosi di fenomeni migratori ascrivono questo momento alla seconda fase della Grande emigrazione italiana per distinguerla dal periodo precedente (anni 1876 - 1900) caratterizzato da un crescente flusso migratorio, generalmente proveniente dalle regioni settentrionali del paese, diretto verso le mete europee e sudamericane (soprattutto verso il Brasile che, per garantirsi mano d'opera a buon mercato, pagava il viaggio agli emigranti).
Per convenzione la seconda fase si svolse in un arco di tempo che va dal 1901, anno in cui fu approvata la nuova legge organica sull'emigrazione (vedi sopra) e l'istituzione del Commissariato Generale per l'Emigrazione, al 1915, quando si assistette ad una forte contrazione degli espatri a causa della defragrazione del primo conflitto mondiale. Durante questo arco di tempo si trasferirono, in media, 600.000 emigranti l'anno.
Il picco nelle partenze si ebbe nel 1913 con 870.000 espatri. Le mete preferite dove dirigersi (e per cercare una vita dignitosa) furono gli Stati Uniti d'America con oltre il 45% di arrivi, il Brasile e l'Argentina. Le cause furono diverse e personali ma l'incidenza maggiore fu dovuta al progressivo impoverimento di vasti settori della popolazione dovuta alla crescente pressione fiscale, alle ripercussioni dovute alla crisi agricola di fine secolo e alla diminuita offerta di lavoro seguita al completamento di importanti opere pubbliche (strade, ferrovie, edilizia) postunitarie.
Il dibattito politico sulla necessità di emigrare. (Leggi...)
La "Legge" per antonomasia che regolò l'emigrazione italiana. (Leggi...)
Avvertenze popolari per gli emigranti. (Leggi...)
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