Introduzione
Il flagello del primo conflitto mondiale, con il suo sterminato numero di vittime e le importanti ricadute
economiche e culturali sulla società occidentale, ebbe un ruolo fondamentale nel far si che venisse sottovalutato
un evento se possibile ancora più luttuoso e foriero di sventure rispetto alla guerra in corso e che ebbe la forza
di stravolgere anche le più importanti e strutturate comunità umane. Stiamo parlando della pandemia influenzale
a tutti nota come “febbre spagnola”, “influenza spagnola” o, semplicemente, come “la spagnola”. Nonostante il
violento impatto che ebbe sulla popolazione mondiale, la memoria dell'epidemia si perse tra i fumi dei campi di
battaglia europei: al di fuori degli studi specialistici legati all'ambiente medico, della spagnola, ai tempi
(e anche in seguito) non si parlò che in modo episodico e vago.
La spagnola non fu una semplice epidemia influenzale. Gli studiosi sono concordi nel considerarla, insieme alla
“Peste di Giustiniano” che colpì l'impero bizantino tra il 541 e il 542 d.C. e alla “Peste nera” che investì
l'Europa alla metà del XIV secolo, la peggiore pandemia che abbia mai colpito il genere umano in età storica.
Secondo studi recenti la spagnola tra il 1918 e il 1919 fece dai 50 ai 100 milioni di morti. Colpì tutti i
continenti ed ebbe una diffusione capillare e rapidissima.
Le origini e le vie del contagio
La scienza ufficiale ancora non è in grado (e forse non lo sarà mai), di identificare con sicurezza il luogo di
origine dell'influenza spagnola. Diversi studiosi sono convinti che il virus sia partito dall'oriente, forse
dalla Cina, evolvendosi da un progenitore di natura animale (uccelli? suini?). L'unica certezza, tuttavia, è
data dai luoghi dove, per la prima volta, la malattia venne diagnosticata. E siccome questi luoghi sono tutti
negli Stati Uniti, è possibile che il morbo abbia avuto un'origine americana. Pare che fu un certo dottor
Loring Miner, medico della contea di Haskell in Kansas, a segnalare per primo, nel
marzo del 1918, alcuni casi di una “virulenta forma di influenza” che aveva colpito diversi suoi pazienti.
La presenza del virus nel sud ovest degli Stati Uniti sembrerebbe confermata anche dalla segnalazione, più o
meno contemporanea, che presso il centro militare di Camp Funston a Fort Riley, sempre nel
Kansas, ci furono centinaia di casi di influenza, alcuni dei quali con complicazioni polmonari, che
causarono la morte di almeno 40 reclute. L'esercito americano ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione del
contagio: in pochi giorni furono infettati la maggior parte dei campi di addestramento da dove partivano i
soldati mandati a combattere sui fronti europei. Il passaggio del virus dai militari alla popolazione civile
fu istantaneo. Alla fine di marzo altri casi vennero segnalati nella città di Detroit, in South Carolina
e nella prigione di San Quentin in California.
Il virus della spagnola accompagnò i militari dell'American Expeditionary Force (AEF) nel loro viaggio
attraverso l'oceano Atlantico. Certo non fu un caso che le prime diagnosi ci furono proprio a Bordeaux
in, Francia, dove erano collocati i principali punti di smistamento delle truppe statunitensi. Da qui
l'infezione si diffuse anche tra le truppe del British Expeditionary Force (BEF) di stanza sul fronte
occidentale e, in pochi giorni (entro il mese di aprile del 1918), colpì tutti gli eserciti in guerra e gran
parte della popolazione spagnola. A maggio il contagio raggiunse le isole britanniche al seguito dei reduci
che rientravano nel Paese, ma si manifestò anche nel nord Africa e in Russia. Entro il mese di giugno, infine,
l'influenza aveva raggiunto anche l'Asia, il sud America e l'Oceania, seguendo le rotte commeciali dell'impero
britannico.
In Italia pare che le prime avvisaglie “ufficiali” del contagio si manifestarono tra i soldati del
II gruppo d'assalto di stanza a Sassona, presso Vicenza. Verso la metà di settembre il capitano medico che
aveva in cura i soldati del reparto chiese al sindaco del paese di chiudere le scuole e tutti i luoghi di
riunione per una sospetta epidemia di tifo.
Da li a poco l'influenza raggiunse tutte le contrade del Regno
colpendo almeno cinque milioni di persone e causando la morte di un numero imprecisato compreso tra 400.000
e le 600.000 persone.
La malattia e la sua evoluzione
La pandemia che si diffuse tra la primavera e l'estate del 1918 presentava sintomi affatto diversi da quella di
una comune influenza. I pazienti accusavano febbre, malessere generale e dolori ossei. In alcuni casi potevano
presentarsi complicanze di tipo polmonare che potevano avere un decorso infausto per il malato. Tutto sommato,
però, la sua comparsa non allarmò più di tanto le autorità mediche dei paesi colpiti. L'indice di mortalità non
si discostava molto dalle medie registrate durante le precedenti epidemie influenzali e, oltretutto, c'erano
ben altre urgenze e preoccupazioni rappresentate dalle battaglie finali della prima guerra mondiale che
richiamavano l'attenzione di tutti.
Solo in Spagna, dove la stampa non era sottoposta ad una rigida censura
militare, la comparsa dell'influenza fece notizia: risale al 28 maggio il primo dispaccio d'agenzia, pubblicato
a Madrid, in cui si informava che il sovrano, re Alfonso XIII, era stato costretto a disdire gli impegni
di governo perché colpito dalla strana influenza che aveva costretto a letto gran parte dei cittadini
madrileni. Nel resto d'Europa, la notizia non ebbe diffusione perché gli stati maggiori degli eserciti
belligeranti non volevano che il nemico venisse a conoscenza delle ingenti defezioni causate dalla malattia
tra le file dei soldati al fronte.
Come si è visto, l'apparizione del virus nella primavera-estate del 1918 non destò particolari
preoccupazioni in campo medico. Allora a cosa fu dovuta la fama nefasta che lo caratterizzò fino ai giorni
nostri?
L'epidemia del 1918 fu diversa da quelle che l'avevano preceduta e da quelle che la seguiranno.
In primo luogo il contagio si sviluppò in tre ondate successive. Della prima si è già detto: iniziò nel
marzo del 1918, ebbe il picco di contagi tra giugno e luglio e ad agosto si dissolse rapidamente. La seconda
ondata iniziò a settembre dello stesso anno e mostrò la massima virulenza a novembre. Fu, poi, seguita dalla
terza fase che si diffuse a partire dai primi mesi del 1919 e interessò solo una limitata parte della
popolazione mondiale con effetti poco rilevanti. La seconda fase, quella che si manifestò a partire da
settembre, fu completamente diversa da quella che l'aveva preceduta.
La sua virulenza assunse un grado che
non si era mai visto a memoria d'uomo. Chi si ammalava, e il contagio colpiva la maggior parte delle persone,
aveva buone probabilità di morire. A differenza di una normale influenza, infatti, l'indice di mortalità
raggiunse picchi del 3-5% della popolazione (a fronte di un tasso normale dello 0,4%).
Ci furono anche altre caratteristiche, proprie della spagnola, che misero in crisi la medicina del
tempo: in primo luogo il virus colpiva soprattutto individui giovani e in ottima salute.
La maggior parte
delle vittime si contarono tra pazienti che rientravano in un range di età tra i 20 e i 40 anni; il morbo
colpiva indistintamente uomini ed animali, in special modo suini e il decorso della malattia, poi, era
piuttosto rapido.
I sintomi duravano dai quattro ai cinque giorni, in caso di decorso favorevole.
Chi,
per sua sfortuna, non ce la faceva, poteva morire in brevissimo tempo, al massimo un paio di giorni. Si
narrano casi di persone decedute all'improvviso nonostante fossero state viste in ottima salute fino al
giorno precedente. Le cause erano dovute ad un generale indebolimento dell'organismo e del sistema immunitario
del malato che favoriva l'insorgere di complicazioni polmonari. Molti medici, che descrissero il decorso
dell'influenza, sostennero che la pelle dell'influenzato poteva assumere una colorazione bluastra dopo di
che la morte sopraggiungeva in breve tempo per soffocamento.
Le ricadute dell'epidemia sulla società del tempo
Può sembrare inverosimile ma è assai probabile che l'influenza spagnola abbia fatto, almeno in Italia, un
numero di vittime maggiore di quello causato dal primo conflitto mondiale. Questa considerazione rende bene
l'idea circa l'impatto che la malattia ha avuto sulla società del paese (e, ovviamente, anche su quelle degli
altri stati).
In primo luogo la notizia del contagio non doveva circolare per non creare allarmismo e
disfattismo tra la popolazione già duramente provata dalla guerra. Il governo arrivò addirittura a vietare
il rintocco delle campane durante i funerali che spesso si svolgevano anche di notte per far fronte al gran
numero di vittime. Nei cimiteri si verificarono ritardi nelle tumulazioni per la mancanza di bare e per la
penuria di personale.
Negli Stati Uniti furono vietate le adunanze pubbliche e furono chiusi i teatri, i
ristoranti e i bar. La popolazione fu invitata ad indossare mascherine, a curare la propria igiene e a
cibarsi di alimenti sicuri. Per comprendere il livello di allarmismo basti pensare che chi starnutiva in
pubblico era passibile di un'ammenda di centinaia di dollari.
Bibliografia
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Londra 1989.
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Taubenbergher J. K., Morens D. M., “1918 Influenza: the Mother of All Pandemics”, Emerging Infectius
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Tognotti E., “La spagnola in Italia. Storia dell'influenza che fece temere la fine del mondo (1918-19)",
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Il grafico che illustra gli andamenti del contagio.
(Consulta...)
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