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Il quotidiano La Tribuna su Adua
Commento pubblicato dal quotidiano "La Tribuna" di Roma il giorno 4 marzo. Nell'articolo si cerca di analizzare le possibili motivazioni che hanno indotto il generale Oreste Baratieri ad attaccare gli abissini nei pressi di Adua. Si fanno ipotesi circa la conoscenza, da parte del governatore, della sua imminente sostituzione voluta dal governo quale causa della sua decisione avventata di attaccare le truppe di Menelik.

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La battaglia presso Adua
La Tribuna, mercoledì 4 marzo 1896, pag. 1

La battaglia presso Adua

Più si medita sui telegrammi venuti dall'Africa, e meno si trova la spiegazione plausibile della marcia fatta dal generale Baratieri nella conca d'Adua dove è andato a farsi battere dall'esercito scioano. Quei telegrammi dicono che il generale si decise la sera del 29 ad attaccare il nemico. Ora nella giornata del 29, parecchie notizie erano arrivate dal campo, ed erano state comunicate alla stampa, senza che in esse si facesse il minimo cenno di quella decisione.
Il 29 un comunicato della Stefani diceva che si parlava del prossimo spostamento del campo scioano, perché le razzie nello Scirè non avevano procurato al nemico viveri che per qualche giorno, e non restava che razziare il Tembien, vale a dire a sud in direzione opposta a quella delle nostre posizioni, e che in quella direzione lo spostamento presumibilmente si sarebbe operato.
Sempre in data 29 febbraio si ricevevano dal campo altre notizie che il nostro corrispondente da Massaua ci comunicava, ed in cui si cercava invano un accenno anche velato di una probabile marcia in avanti dei nostri.

Questa marcia d'altronde non si credeva probabile per diversi motivi. Anzitutto fino a pochi giorni fa il generale Baratieri (se è vero quanto si afferma nei circoli politici e militari) aveva ripetuto al governo la sua non mai smentita opinione sulla inferiorità delle sue forze di fronte a quelle preponderanti del nemico, e sulla impossibilità, data la natura del terreno e le fortissime posizioni degli scioani, di prendere l'offensiva con qualche speranza di successo.
Conseguenza di codesta opinione, e delle richieste stesse fatte dal generale, furono i diversi invii di rinforzi, per quanto da principio per le ormai troppo note resistenze di alcuni ministri, fatti a bricioli e a sbalzi.
Ed i rinforzi come quelli condotti dal colonnello Pittaluga erano già saliti sull'altipiano, mentre si avviavano a quella volta gli undici battaglioni e le due batterie già sbarcate a Massaua, e questi battaglioni e queste batterie a distanza di quindici o venti giorni, sarebbero state raggiunte da una intera divisione agli ordini del generale Heusch.
Tutte queste cose non potevano essere ignote al generale Baratieri certo tenuto a giorno delle spedizioni in marcia, e rinfrancato da queste nel concetto suo relativo all'impossibilità di operare offensivamente prima che tutti i rinforzi fossero arrivati. Quali cause possono averlo spronato a mutare divisamento? Ecco la domanda che tutti si fanno e che in mezzo a mille induzioni, trova una risposta che noi potremmo potere non accettare, ma che pur troppo è sulle labbra del maggior numero.
Le cause, anzi la causa del mutamento dovrebbe ricercarsi e trovarsi nell'invio del generale Baldissera per rilevare il Baratieri dal comando generale delle truppe d'Africa.

Qual fondamento ha questa credenza? E' prematuro il ricercarlo, e forse potrà eversi lume per dare un giudizio, il quale non sia precipitato, dal sapere, in qual giorno, e in quale forma a da chi se cioé direttamente od indirettamente, al comandante delle truppe d'Africa fu comunicata la notizia dell'arrivo del suo successore. L'insistenza che nelle sfere officiali si è messa nel dichiarare che nessuna partecipazione dell'incarico dato al Baldissera era stata fatta al Baratieri, induce a credere che il giorno della partecipazione abbia di poche ore preceduto la deliberazione di attaccare il nemico, e che la forma, per quanto riguardosa, abbia esercitato una influenza spiacevole nell'animo di lui.
Ma, se anche questo fosse, nessuna scusa egli potrebbe invocare per il divisamento suo: divisamento che in tal caso sarebbe stato preso sub irato, ed in contraddizione coi precedenti lodevolissimi di prudenza e di riserva che avevano fino al giorno prima caratterizzato la sua azione strategica.
E molto meno potrebbe invocare scusa ed attenuazione per il modo con cui, sia pure che abbia interpellato gli altri generali, egli lo pose in atto; difficilmente essendo comprensibile una marcia offensiva per la quale si sarebbero spinte in avanti tre colonne di truppe, per tre diversi corridoi, senza che l'una potesse sostenere l'altra, e senza nemmeno che potessero valersi delle artiglierie di cui il nemico si poté da ultimo impossessare.

Militarmente parlando questa disposizione non è giustificabile, soprattutto in un uomo di guerra che il terreno doveva conoscere. Se sia invece non giustificabile (cosa assolutamente impossibile) ma dolorosamente spiegabile il fatto all'infuori di qualunque considerazione militare, e ponendo il concetto del generale Baratieri in relazione coll'imminente arrivo del generale Baldissera, è quello che non si tarderà a conoscere, e che dovrà essere con tutta la severità giudicare.
Molte, l'abbiamo detto più volte, sono le responsabilità implicate in codesta disgraziata faccenda d'Africa. Se ne sono avute di varia indole, determinate ora da ignoranza, ora da debolezza, ora da resistenze inesplicabili davanti al pericolo, ora da titubanze suggerite da considerazioni di equilibrio parlamentare.
Sarebbe doloroso che ad esse si dovessero aggiungere quelle derivate da un colpo di testa suggerito da una imperdonabile suscettibilità, o da un falso amor proprio, offeso. Escludiamo poi quella che si è usi chiamare la sete di gloria; perché la gloria per un comandante non è quella di far macellare i propri soldati, ma di non trascurare veruna delle probabilità che con sacrifizio relativamente lieve mettano dalla sua parte la vittoria!

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