Il lavoro nelle saline
Come ogni anno, oramai la cosa si ripeteva da tempo immemore, centinaia di operai italiani originari delle zone alpine e
pedemontane del Piemonte, della Lombardia, della Liguria - ma non mancavano nutriti gruppi di veneti e toscani - si erano
dati appuntamento presso il borgo medievale di Aigues-Mortes, nella Camargue francese (dipartimento del Gard) per offrire il
proprio lavoro nelle saline di Perrier e di Peccais. Le loro braccia erano molto apprezzate dalla Compagnia delle saline del
"Midì" perché erano in grado di reggere senza eccessivi problemi alla fatica che il lavoro di raccolta del sale comportava.
E questo servizio era assicurato con maestria e celerità. Certo, gli screzi con i colleghi francesi non erano mancati.
Generalmente si verificavano perché questi non erano in grado di reggere i ritmi lavorativi dei cugini d'oltralpe che,
oltretutto, avevano pretese salariali minori e non erano sindacalizzati. Ma il tutto si era sembre risolto con qualche
zuffa, subito risolta dai soliti volenterosi paceri. Il lavoro degli stagionali si concentrava in una ventina di giorni
tra la fine di luglio ed agosto e consisteva nel frantumare la crosta di sale essiccato, depositata sul fondo dei bacini,
fino a ridurla in piccoli grani. A questo punto il sale veniva raccolto in centinaia di piccoli mucchi di forma conica.
In seguito il prezioso minerale era nuovamente spostato per mezzo di ceste di vimini e pesanti carriole per essere ammassato
in mucchi di dimensioni maggiori. Si possono facilmente immaginare le condizioni di lavoro a cui erano sottoposti i
malcapitati operai: il sole di agosto, accentuato dal riverbero del sale e dal peso del lavoro, consumava gli operai.
Ogni due ore avevano a disposizione una pausa ma la sete e l'afa non lasciavano tregua e contribuivano ad asacerbare gli
animi.
Gli scontri
Le cronache narrano che tutto ebbe inizio la mattina del 15 agosto nelle saline di Peccais. Durante una delle pause ci fu un
violento diverbio tra un operaio francese ed un piemontese. L’italiano, accusato di aver lavato il proprio fazzoletto nella
preziosa acqua potabile, reagì malamente alle ingiurie dei colleghi francesi e tirò fuori il coltello cercando di colpirne
alcuni. L’azione non ebbe serie conseguenze, ma il rancore continuava a covare nell’animo degli italiani. Il giorno seguente
un gruppo di nostri connazionali decise di “dare una lezione” ai colleghi del luogo per vendicare le offese patite dal
connazionale. La ritorsione non causò vittime ma, nonostante questo, diede il via ad una serie di eventi che portarono alla
tragedia.
Durante gli scontri, alcuni operai francesi riuscirono a fuggire e si diressero ad Aigues-Mortes dove misero in allarme gli
abitanti affermando che gli italiani stavano aggredendo (e uccidendo) alcuni loro compagni. In breve tempo si radunò una
folla di quasi 500 persone che, armata di bastoni, forconi e fucili, si mosse verso le saline di Peccais con l’intenzione di
“vendicare il sangue francese”. Giunti sul posto gli abitanti di Aigues-Mortes affrontarono gli italiani costringendoli a
rifugiarsi negli alloggi messi a disposizione dalla compagnia. Un edificio fu circondato e assaltato. Alcuni esagitati
salirono sul tetto per scoperchiarlo e colpire gli occupanti dall’alto. La situazione poteva degenerare da un momento
all’altro e solo l’intervento della forza pubblica riuscì a contenere i danni. I pochi gendarmi arrivati sul posto convinsero
gli italiani a lasciare le saline e rifugiarsi in città: durante il tragitto verso le mura del borgo medievale avrebbero
pensato loro stessi a proteggerli dalla furia dei malintenzionati.
Purtroppo le cose non andarono come sperato. Lungo il
percorso gli italiani furono fatti oggetto di violenze di ogni genere senza che i militi potessero fare alcunché per
difenderli. Molti furono colpiti con bastoni o trafitti dai forconi. Si udirono anche colpi di arma da fuoco. Alcuni furono
presi di peso e gettati nel canale che costeggiava la strada o direttamente nella palude. Solo i più fortunati riuscirono, a
stento, a raggiungere il centro abitato dove furono rinchiusi nella Tour de Constance per sottrarli alla furia della folla.
Nel frattempo, un gruppo formato da una trentina di italiani si era rifugiato in una panetteria di piazza San Luigi. Anche
in questo caso il locale fu assediato da centinaia di scalmanati che volevano linciare i malcapitati. La vicenda si protrasse
per alcune ore e solo l’intervento delle autorità civili della città riusci a non far degenerare l’assembramento. Fu il
sindaco di Aigues-Mortes, che a scanso del pericolo, riuscì a trasferire, con una carrozza, gli italiani alla stazione
ferroviaria da dove poterono lasciare definitivamente la cittadina provenzale.
Il bilancio degli scontri e le conseguenze
Il massacro ebbe gravi conseguenze. I morti italiani accertati furono nove con decine di feriti anche gravi. Tuttavia, il
numero reale delle vittime non lo conosceremo mai. I dispersi furono una ventina ma tra essi ci potrebbero essere anche
persone fuggite senza lasciare traccia. I giornali italiani parlarono, addirittura, di decine di morti e il Times di
Londra sostenne che le vittime furono una cinquantina. Nelle principali città italiane vennero inscenate violente
manifestazioni antifrancesi. A Roma fu più volte tentato l’assalto all’ambasciata di piazza Farnese, mentre a Napoli,
Torino e Firenze furono distrutti o incendiati beni appartenenti a società d’oltralpe. In questo contesto i rapporti
diplomatici tra l’Italia e la Francia arrivarono al punto di rottura. Non va dimenticato che le relazioni politiche e
commerciali tra i due paesi erano già assai difficili. Da anni era in corso una guerra commerciale tra Roma e Parigi e la
partecipazione del Regno d’Italia alla Triplice Alleanza (antifrancese) con l’Austria e la Germania non aveva certo agevolato
le cose.
Per i fatti di Aigues-Mortes fu celebrato un processo a carico dei maggiori indiziati della strage ma le pene furono
irrisorie. L’unico a pagare un prezzo politico fu il sindaco della cittadina. Venne fatto dimettere, su richiesta del governo
italiano, a causa di un manifesto fatto affigere dal comune, ad Aigues-Mortes, nel quale si esprimeva soddisfazione per la
cacciata degli italiani. La crisi tra i due governi si concluse con un risarcimento reciproco: la Francia avrebbe pagato
sostanziosi indennizzi alle vittime del pogrom mentre l’Italia si sarebbe fatta carico dei danni subiti dai cittadini e
dalle aziende francesi durante i disordini avvenuti nel nostro paese.
Bibliografia
Noiriel G., “Il massacro degli italiani. Aigues-Mortes, 1893. Quando il lavoro lo rubavamo noi”, Marco Tropea Editore, Milano, 2010.
Barnabà E., “Morte agli italiani! Il massacro di Aigues-Mortes 1893”, ed. Infinito, Castel Gandolfo (Rm), 2008.
La relazione del console Durando, sui fatti di Aigues-Mortes. (Pdf-1 Mb)
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