1903 - Secondo governo Giolitti e inizio dell'italia giolittiana.
Il 3 novembre Giovanni Giolitti diede vita al suo secondo ministero proponendo all'approvazione delle camere un governo che comprendeva esponenti politici sia di destra che di sinistra.
Ritornava, così, al potere dopo dieci anni il politico piemontese che lasciò più di ogni altro, anche più di Francesco Crispi, un segno indelebile nella società e nel costume politico dell'Italia liberale. Convinto assertore della necessità di coinvolgere le classi popolari nella dialettica politica, Giolitti, con il suo secondo mandato, propose ai socialisti riformisti, nello specifico al suo esponente di maggiore spicco, Filippo Turati, di entrare a far parte della compagine governativa. Turati rifiutò l'invito per non esporsi alle critiche dell'ala radicale del partito, ma non negò l'appoggio esterno al governo.
L'apertura di credito di Turati e della corrente riformista contribuì in modo sostanziale all'approvazione di norme a favore dei ceti popolari e della classe operaia. Nel novero dei provvedimenti rientrarono le leggi sulla tutela del lavoro minorile, su quello femminile e quella sugli infortuni. Importanti furono, inoltre, i provvedimenti a favore di Napoli e della Basilicata e il dibattito preparatorio relativo alla progettata statalizzazione delle ferrovie. Con il secondo governo Giolitti, in carica fino al 16 marzo del 1905, ebbe inizio quella fase storica nota come Italia giolittiana che vide Giolitti rivestire un ruolo egemone sulla scena politica anche quando non rivestiva ruoli decisionali.
Tra i primi anni del secolo e fino alla vigilia della prima guerra mondiale l'Italia conobbe una fase di marcato sviluppo economico, industriale e culturale che permise al paese di competere (o, almeno, di provare a farlo) con le altre potenze economiche europee.
L'Italia giolittiana. (Leggi...)
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