1859 - 1860 - Le insurrezioni popolari in Italia centrale
Con l'armistizio di Villafranca, dove si stabiliva che la Lombardia venisse annessa al Regno di Sardegna,
la Venezia restasse sotto il dominio austriaco e che i regni dell'Italia centrale venissero restaurati,
Napoleone III cercò di ristabilire il suo controllo su di una situazione politica in rapida evoluzione.
Molti patrioti italiani (tra cui lo stesso Cavour, che si ritrovò in forte contrasto con Vittorio Emanuele
II e per questo fu costretto a dimettersi dal governo, ebbe a dire: "Si è perduta l'Italia, ma ci si è
sbarazzati di me") videro in Villafranca la fine della speranza di poter costruire un'Italia unita. In
realtà le cose andarono diversamente: sia in Toscana che in Emilia erano già in atto forti movimenti popolari
che portarono alla cacciata dei leggittimi regnanti e alla costituzione di governi provvisori, dotati di poteri
dittatoriali e retti dal barone Ricasoli (Toscana) e dal Farini (Modena). Il passo successivo vide Toscana ed
Emilia (a cui, nel frattempo, si era associata anche Bologna) giungere ad una alleanza politico-militare
(la Lega) al comando della quale venne messo il generale Manfredo Fanti. A questo punto il più era fatto.
Per completare il processo di annessione dei nuovi territori al Regno di Sardegna si sarebbe dovuto trovare
un espediente che assecondasse i voleri dell'imperatore di Francia, contrario all'unione. Si decise che le
nuove provincie avrebbero espresso voto d'annessione e il Re si sarebbe limitato ad "accogliere" queste volontà.
Nel marzo del 1860 si svolsero plebisciti popolari che sancirono l'annessione dei nuovi territori al Regno.
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