1905 - Giolitti si dimette con tutto il governo - Nazionalizzazione delle ferrovie.
Il 12 marzo del 1905 cadde il secondo governo Giolitti. Il politico di Dronero rassegnò le dimissioni per motivi di salute. In realtà si era reso conto che la situazione politica non gli era più favorevole: l'avanzata delle opposizioni cattoliche e socialiste alle elezioni generali dell'anno precedente rendeva lo scenario politico più incerto.
Ad aumentare le difficoltà del suo ministero contribuiva l'acceso dibattito parlamentare sulle opportunità o meno di statalizzare le reti ferroviarie delle società convenzionate con lo stato. Era meglio temporeggiare e lasciare che persone di sua fiducia, nel caso specifico, Alessandro Fortis, sbrogliassero la situazione per poi riprendere saldamente il controllo del governo. Il nuovo presidente del consiglio, che rimase in carica solo per pochi mesi, dal 27 marzo 1905 all'8 febbraio 1906, legò il suo nome alla controversa nazionalizzazione delle ferrovie. Con la legge che porta il suo nome (legge 137 del 22 aprile 1905) lo stato si impegnò a rilevare le infrastrutture e il personale della Rete Mediterranea (con 6300 km di strada ferrata); della Rete Adriatica (con 3760 km di ferrovia) e della Rete Sicula (con 1122 km).
A causa delle ricorrenti difficoltà economiche sofferte dalle società convenzionate le nuove Ferrovie dello Stato, dirette dall'ingegnere piemontese Riccardo Bianchi, si ritrovarono con impianti e materiale rotabile in pessime condizioni ed era necessario, inoltre, unificare regolamenti e procedure d'esercizio ereditate da gestioni differenti. Il nuovo ente aveva un compito enorme da affrontare, ma nell'arco di pochi mesi furono risolte le criticità maggiori e negli anni successivi fu favorito un sostanziale sviluppo tecnologico della rete con la messa in esercizio di nuove locomotive, carrozza passeggeri e carri merci, mentre la rete fu dotata di moderni dispositivi di segnalazione ed impianti di manovra.
Le ferrovie nell'Italia liberale. (Leggi...)
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