1919 - Mussolini fonda a Milano i fasci di combattimento
La paura di una possibile insurrezione armata teorizzata dalla corrente rivoluzionaria del movimento operaio e contadino spinse l'alta borghesia industriale ed agraria dell'Italia settentrionale ad appoggiare un movimento d'ordine che potesse sostituire, nella repressione dei moti popolari di ispirazione socialista, le forze dello stato.
Secondo gli industriali il presidente del consiglio Giovanni Giolitti era, per storia politica personale, troppo accondiscendente con le forze sovversive e, pertanto considerato non in grado di ristabilire l'ordine sociale. Furono proprio gli industriali milanesi che misero a disposizione di Mussolini i locali di piazza San Sepolcro dove il 23 marzo del 1919 il futuro dittatore diede vita ai Fasci italiani di combattimento. I partecipanti alle assise erano soprattutto ex combattenti ed ex avanguardisti che si dicevano preoccupati per la deriva di tipo bolscevico che prospettavano per l'Italia.
I convenuti si riconoscevano nel manifesto dei Fasci italiani di combattimento pubblicato il 6 giugno sul Popolo d'Italia. Nel proclama erano esplicitate varie proposte di riforma sociale e il programma di lotta nei confronti delle organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori. Ampio spazio era dedicato anche ad aspetti programmatici volti a creare una terza via che tenesse in debito conto le istanze moderniste che potevano essere utili per la creazione dell'uomo nuovo.
Ben presto, la nuova organizzazione politica divenne il principale strumento a disposizione degli agrari (e degli industriali) per contrastare gli scioperi. Tra gli strumenti impiegati allo scopo il posto d'onore era riservato alla violenza che veniva impiegata per intimidire gli oppositori e per assaltare le sedi del partito socialista e le redazioni di giornali avversari.
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