1896 - La battaglia di Adua
L'annientamento della brigata Toselli avvenuta nell'avamposto dell'Amba Alagi da parte dei guerrieri
dell'imperatore d'Etiopia Menelik II e il successivo assedio del presidio posto a difesa del forte di
Macallé non misero in allarme lo stato maggiore italiano sulle vere intenzioni degli abissini.
Una ulteriore leggerezza avvenne anche nel valutare la reale forza militare dei nemici: i comandi italiani
pensarono di dover fronteggiare 25.000-30.000 uomini male armati invece dei reali 100.000 combattenti.
La sottovalutazione avvenne anche a Roma dove il presidente del consiglio Francesco Crispi, infuriato
per le sconfitte militari subite dal generale Baratieri (la famosa tisi militare...), pretendeva di
dettare la strategia attraverso telegrammi dal contenuto via via più bellicoso.
Il 1° marzo del 1896, dopo una marcia notturna di avvicinamento, le truppe coloniali italiane giunsero nei pressi di
Adua con l'intenzione di fronteggiare gli abissini e precludere loro la strada per la colonia Eritrea.
I generali italiani temevano che anche in questo caso il comandante Baratieri avrebbe messo in atto la
solita puntata offensiva senza, tuttavia, ingaggiare battaglia con il nemico. Ma le cose andarono
diversamente: si decise che tre colonne sarebbero avanzate su percorsi paralleli verso il nemico in modo
da ottenere un fronte unico di attacco. La manovra non riuscì a causa di una lettura errata della carta
topografica della zona di operazioni.
Il corpo di spedizione italiano, diviso in colonne isolate,
venne investito dalla massa degli abissini e annientato. Vi furono oltre 6.000 vittime, centinaia di
feriti e un migliaio di prigionieri. La battaglia di Adua fu una pesante battuta di arresto all'espansione
coloniale dell'Italia liberale, la fine militare del generale Baratieri e la fine politica di Francesco
Crispi.